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INFAUSTO
SCONTRO A SUD DI MALTA IL 14 DICEMBRE
1942 TRA IL SMG ITALIANO UARSCIEK, IL HMS INGLESE PETARD
E HHMS GRECO QUEEN REGINA OLGA |
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battello da qualche giorno era in agguato a Sud di Malta. La
sera del 13 dicembre 1942, alle ore 22.00 fui chiamato in plancia,
dove il Comandante mi chiese se per la mezzanotte fosse stato
possibile preparare una pizza per tutto l'equipaggio (ero il consegnatario ai viveri) per festeggiare Santa
Lucia, patrona di Siracusa, sua città natale. La cosa
fu fattibile. All'alba del 14, mentre erano in corso
i preparativi per il cambio della guardia (Diana), la vedetta
del settore poppiero avvistò, a poca distanza, una nave che,
mentre ci inseguiva, inviava tre segnali , luminosi verdi, per
il riconoscimento.
Dato l'allarme, il Comandante ordinò il lancio dei siluri 5
e 6 dalla camera di lancio addietro e successivamente fischiò
l' immersione rapida. |
Il
battello s'immerse e raggiunse velocemente la profondità di
cento metri per poi toccare i centosessanta metri con notevole
appruamento. Da questa profondità iniziò una risalita tanto
veloce da giungere in breve tempo all'affioramento e, poi, cominciò
subito la ridiscesa. Durante l'alternanza delle suddette manovre
vi fu una prima esplosione. |
Stranamente
non fu udito il solito ronzio delle eliche sulla verticale come
normalmente accadeva. Comunque, dopo un brevissimo tempo, mentre
il battello ridiscendeva, (questa volta pesante di poppa) vi
fu una seconda esplosione. |
Dall'interfonico
furono chiari i momenti di confusione in camera manovra. |
Ad
un tratto il Comandante ordinò l'emersione per attaccare anche
col pezzo < li facciamo fuori così ! > esclamava.
Fu, perciò, chiamato l'armamento al pezzo. Facevo parte dell'armamento
e raggiunsi il portello della garitta di prora alla cui apertura
ero addetto. |
Stringendo
tra le mani il volantino del portello, fui sorpreso dal fatto
che per svitarlo non occorreva la solita forza, infatti, la
sua apertura avvenne in modo violento ed improvviso, ragion
per cui venni espulso all'esterno, dalla pressione dell'aria
interna, ribaltandomi con i piedi verso l'alto. |
Mi
ritrovai sul lato sinistro della coperta fra il portello e la
torretta. La coperta era immersa, quando mi accorsi che stavo
scadendo verso poppa. Istintivamente cercai appiglio sulla coperta
e con la mano sinistra mi aggrappai ad un galletto del coperchio
della riservetta sinistra, così evitai di essere trascinato,
dall'acqua, in mare. |
La
coperta non era ancora emersa completamente quando, dalla direzione
delle ore quattro, la torretta fu investita da un fascio di
luce seguito da un nutritissimo fuoco di proiettili con traccianti
verdi. Protetto dalla torretta, attendevo smarrito e spaventato
da quanto stava accadendo, quando udii la voce del Comandante
che ordinava l'affondamento del battello. <
Non abbandonate il battello - Affondate il battello>
ripeteva il Comandante colpito. |
IL
fuoco durò pochissimo, anche il fascio di luce cambiò direzione.
Si stabilì una penombra. Udii anche le grida provenienti dalla
zona poppiera della coperta. Distinsi chiaramente la voce del
Capo Battilana che esortava ad arrendersi:
< Ci
fanno fuori tutti !>,
urlava. In quel preciso istante il battello sbandò gradualmente
sulla sua sinistra di circa 90°; in seguito ad una leggera collisione
con la fiancata dritta della Nave nemica. |
A
causa di tale sbandamento ero scivolato in mare, per caso fortuito
fui trattenuto dalla ringhiera verticale di protezione per cui,
appena il battello riprese il suo normale assetto di galleggiamento
mi ritrovai di nuovo in coperta. |
Qui
fui avvolto da una ondata di calore e respirai aria di vapore.
Seguì un breve periodo di quiete durante il quale, mi accorsi
che il battello continuava a navigare. |
Fu
qui che risentii la voce del Comandante sempre più flebile come
se si stesse allontanando ed ebbi l'impressione che Egli fosse
caduto in mare durante lo sbandamento. |
Ero
ancora confuso (ero stato raggiunto da numerose piccole schegge
metalliche) quando udii ed intravidi il marò Paniscotti che
si reggeva aggrappato alla parte posteriore del bottazzo di
sinistra, situato verso poppa. Disse qualcosa che io non riuscii
a capire. Poi approfittando del momento propizio ( mi accorsi
che la nave nemica si allontanava in direzione opposta a quella
del battello), non esitai strisciandomi sulla coperta, evitando
di essere scoperto, riuscivo a raggiungere e ad introdurmi nel
portello ancora con la testa in avanti, scendere nel battello
e unirmi al personale della camera di manovra per mettere in
atto la volontà del Comandante. |
Purtroppo
nel battello non trovai nessuno, non mi persi d'animo e soprattutto
non persi tempo. Raggiunsi la camera di lancio addietro ove
mi accorsi subito che la macchina elettrica di sinistra, il
cui telegrafo era sull'avanti adagio, era in moto e la barra
del timone era sui 15 gradi a dritta. |
Anche
se ferito alle mani, riuscii a stornare i cappelli dei lanciasiluri
e ad aprire gli sfoghi d'aria. Quando fui sicuro dell'entrata
d'acqua di mare nella sentina, andai a staccare il coltello
dell'alimentazione elettrica al timone. Fermai la macchina elettrica,
bloccai le porte stagne, inserendo delle viti fra gli ingranaggi.
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Ritornando
a prora non notavo anomalie o segni di avarie. Solo il pagliolato
del quadrato ufficiali era cosparso d'acqua. Presi la bandiera
dal suo posto, in testa alla cuccetta del Comandante e fattone
un involucro col decifrante, che avevo raccolto nell'acqua sul
pagliolato, raggiunsi la garitta e, prima di fuoriuscire, poggiai
il tutto sulla coperta. Successivamente spinsi l'involucro verso
l'esterno facendolo cadere in mare per l'affondamento. |
Ero
appena in ginocchio in coperta quando fui catturato da un Ufficiale
che mi aveva colpito, qualche attimo prima, con un'arma da fuoco,
al ginocchio destro e con un calcio alla parte posteriore del
capo. Imprecai contro quell'uomo e contemporaneamente mi avvinghiai
a lui nella speranza di cadere in mare insieme a lui. |
Mi
resi conto però dall'impedimento costituito dalla ringhiera
e dal fatto che proprio li sotto era ormeggiata la motolancia
inglese. L'Ufficiale stesso fece spostare l'ormeggio del mezzo
da quel punto al timone orizzontale di sinistra che era abbattuto
(forse per agevolare il mio trasbordo, giacché aveva
visto la ferita al mio ginocchio). Qui giunsero anche l'elettricista
Taroboiro ed il motorista Leonardelli, gravemente feriti e prima
che il mezzo scostasse si aggiunse anche il nocchiere Gabrielli
che aveva raggiunto, nel frattempo, il battello a nuoto. |
Fui
l'unico dei quattro ad essere stato imbarcato sulla nave inglese
e fui accolto con inaspettato calore umano. Nell'infermeria
fui soccorso con molta cura e in particolare al mio ginocchio,
mi furono estratte piccole schegge metalliche dagli arti inferiori
e superiori, dal viso e dalla schiena e, mentre mi curavano.
Mi chiesero dati anagrafici. L'infermeria era sul cassero poppiero
e da qui numerose volte vidi il battello a rimorchio in normale
assetto, ma che però, tentava di accostare sulla destra, opponendo
resistenza al traino. |
L'ultima
volta che vidi l' UARSCIEK fu verso mezzogiorno. Aveva la prora
verso il cielo con la bandiera inglese sul tagliareti. Fu un
momento di tristezza ma anche di mia gioia intima, perché non
avevo permesso che il battello fosse caduto nelle mani del nemico,
come ordinato dal Comandante. Poi poco dopo avvertii uno scossone,
probabilmente dovuto allo sgancio del cavo di rimorchio. Così
andò perduto il valoroso Sommergibile. |
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Ero
il Sottocapo Silurista del Sommergibile, oggi sono un socio
dell'ANMI Gruppo di Taranto |
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Comm.
Michele CAGGIANO |
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