LA BATTAGLIA DI LEPANTO
 

 

 

Al mattino le due formazioni, gli occidentali in linea di fila, gli orientali con un fronte lungo 5 chilometri, si avvistarono intorno alle otto furono avvistate dagli occidentali per prime due vele, erano galere esploratrici ottomane. Dopo una decina di minuti s’intravedeva uno strano biancore all’orizzonte, una pattuglia salì su un’isoletta e dalla sommità confermò erano gli orientali. L’avvistamento avviene In forte ritardo rispetto ai piani di battaglia degli Ottomani, alle nove Don Giovanni indice un consiglio di guerra. Gian Andrea  Doria consiglia di non accettare battaglia, il golfo noto agli islamici era poco noto agli alleati nascondeva insidie “scogli e correnti non note” meglio attaccare una base e se il nemico avesse incalzato la flotta allora era opportuno dare battaglia ma in mare aperto. Don Giovanni decide per lo scontro. Alla stessa ora al consiglio di guerra ottomano Uluc Ali propone di spingersi verso il nemico e di invertire la rotta ritirandosi ma in formazione serrata in modo da essere inseguiti; rompendo l’allineamento nemico separando le navi veloci dalle lente. Dove il golfo si restringe dovevano invertire la rotta compiendo un largo giro e aggredire la formazione nemica disarticolata. Ali Pascià rifiuta il suggerimento” non si ritirerà davanti ai cani cristiani nemmeno per finta”. Iniziarono a posizionarsi alle 10 e le cose andarono avanti per ore. Le pesanti galeazze furono posizionate con l’aiuto di due galere che le presero a rimorchio, non riuscirono a posizionare le ultime due galeazze quelle davanti al gruppo del Doria. Alle 11 don Giovanni su una fregata tenendo in pugno un crocifisso passò in rassegna le unità gridando “DIO LO VUOLE” tra l’acclamazione generale. Si racconta che Don Giovanni rientrato sulla Real si mise a ballare una gagliarda
 

Ogni nave aveva a bordo un cappellano, alle undici e trenta cambia il vento, gli ecclesiastici ignoranti di meteorologia gridano al miracolo. L’evento è interpretato dai soldati come veramente tale si sentirono motivati e protetti da DIO. Durante l’avvicinamento le navi ottomane suonavano una musica assordante per incoraggiare i loro e spaventare gli avversari. Le navi occidentali erano in raccoglimento in preghiera. Vi fu il contatto balistico intorno a mezzo giorno. Ali Pascià ordinò di non attaccare le galeazze e mise in atto il piano, la flotta assunse la formazione a mezzaluna rovesciata e successivamente le ali partirono per l’aggiramento. Gian Andrea Doria resosi conto dell’aggiramento diede l’ordine prora contro prora, si staccò dalla formazione allontanandosi verso il largo. Alcuni critici ritengono che la manovra era fatta per evitare il combattimento.

La questione rimane ancora aperta, secondo gli stimatori del Doria fu una manovra d’alta strategia di cui ne aveva già discusso con i suoi il giorno precedente. Sta di fatto che creò confusione e poco mancò per causare un disastro, alcune galere venete fuggirono indebolendo ulteriormente il gruppo del Doria. Uluc Ali realizzò immediatamente che attaccando con la riserva si sarebbe sbarazzato del Doria e poteva dedicarsi poi al resto della flotta occidentale.
 

L’ammiraglio spagnolo De Balzan si rese conto del pericolo ed intervenne chiudendo il varco che si era formato tra le navi del gruppo di Don Giovanni e Gian Andrea Doria salvando l’esito dello scontro. Le navi si erano disposte in questo modo Ali Mehemet si stava insinuando tra le navi venete e la costa come previsto. Al centro Ali Pascià visto allontanarsi il Doria gli diresse un colpo di cannone che significava non scappare vieni a batterti. L’invito fu colto da Don Giovanni che sparò a sua volta e comandò alle navi alleate di farsi da parte. Ali Pascià impartì lo stesso ordine cosi ci fu lo scontro tra la Real di Don Giovanni e la Sultana di Ali Pascià. Solitamente l’ammiraglia non partecipava allo scontro, restava arretrata per dare ordini durante lo scontro.

 

Sul lato sinistro l'alleato Agostino Barbarigo, era in difficoltà assalito da più navi per dare gli ordini alzò la celata ed una freccia si conficcò nell’occhio sinistro, continuò a dare ordini, apparve subito che la ferita era grave, soccorso fu portato in infermeria dove spirò ”secondo alcune fonti in giornata per altre tre giorni dopo”. fu sostituito dal suo secondo Federico Nani. La notizia raggelò gli equipaggi veneziani che combatterono come degli automi scoraggiati e avviliti, si chiedevano perché Dio li avesse abbandonati, prima il tifo, poi avevano perso Cipro, Bragadin trattato in quel modo e ora che il buon Papa era riuscito a mettere insieme una flotta potente perdevano il loro Comandante quando la battaglia era appena iniziata.

 Il comandante in capo della Marina Veneta  l’Ammiraglio Sebastiano Venier molto anziano arcigno indirizzò agli uomini delle sue navi il seguente messaggio” Fategli vedere chi siamo viva San Marco.” Gli equipaggi si rianimarono e tornarono a combattere con rinnovato vigore. Giunsero in aiuto alla nave di Barbarigo le navi della retroguardia dello stesso gruppo la situazione ritornò in equilibrio. Intanto il vento come al solito iniziò a calare. Al centro che teneva, così come sulla sinistra le artiglierie delle galeazze aprivano falle nelle linee avversarie, lo scontro era diventato al centro una specie di macello i racconti dell’epoca parlano di mare rosso ponti insanguinati navi in fiamme. Il combattimento avveniva come abbiamo detto sulla galera abbordata lunga all’incirca quaranta metri e non si poteva come a terra se in difficoltà ritirarsi c’era da combattere e la possibilità di arretrare solo di quel poco, finita la nave, la salvezza momentanea era buttarsi in mare. Al centro dello schieramento dalla Real i granatieri di Sardegna diedero per primi l’assalto alla Sultana ma furono respinti e la Real fu sottoposta al contrattacco. Intanto sul lato destro dello schieramento la battaglia si era messa male per il gruppo del Doria. il Doria resosi conto di quanto stava accadendo diede ordine di ritornare indietro, lo fecero anche le galeazze, per convergere verso il luogo dello scontro e si trovarono nel bel mezzo delle navi amiche e non poterono usare la potente artiglieria. Qualche nave del Cattaro non ubbidendo agli ordini del Doria rimase in posizione, lo scopo dei loro comandanti era di fermare o trattenere gli avversari che su di loro piombarono travolgendole. La Capitana dei Cavalieri di Malta fu catturata con il priore dell’ordine. Vennero catturate anche la Fiorenza e la San Giovanni navi Toscane, la Piemontesa Savoiarda. Quando cambiò il vento, gli occidentali dell’ala sinistra spinsero le navi di Ali Mehemet verso terra sugli scogli. Da terra assistevano alla battaglia gli uomini della guarnigione Ottomana increduli e attoniti. Ali Mehemet fini in mare ripescato da una galera veneta fu decapitato e la testa issata su un albero di riserva ben in alto. Don Giovanni respinto l’assalto aveva ritentato un nuovo assalto che come il primo fu respinto e la Real fu sottoposta a un poderoso arrembaggio, era in difficoltà le navi di Venier  e del Colonna che erano schierate al fianco, cercarono di disimpegnarsi per recare soccorso che arrivo in altro modo. Due navi Toscane Capitana e Grifona abbordarono la Sultana nel combattimento Don Giovanni rimase ferito a una gamba, Ali Pascià fu ferito “secondo alcuni da un colpo d’ascia, secondo altri da una archibugiata”. Ali Pascià fu decapitato da un fante toscano e la testa innalzata su una picca come trofeo. La bandiera da combattimento ottomana fu presa dai Toscani e portata in patria dov’è tuttora, a Pisa nella chiesa dell’ordine di Santo Stefano. Grande sgomento si diffuse tra gli Ottomani che si demotivarono e spaventarono. Il comandante in capo ottomano era diventato Uluc Ali, aveva dalla sua nave visto e capito che la partita era irrimediabilmente persa. Era opportuno salvare il salvabile, ordinò di abbandonare le prede, recuperati gli equipaggi provenienti da queste, ordinò di rompere il contatto con il nemico e rotta per Istanbul,  riuscì comunque a catturare una galera (quella degli odiati Cavaglieri di Malta). Grande sgomento e paura si diffusero tra gli ottomani si diedero alla fuga. Uluc Ali con colpi di cannone richiamò l’attenzione dei comandi e innanzi alla flotta occidentale ciò che restava di una possente flotta si ritirò ma in una ordinata formazione. Don Giovanni non fece inseguire gli Ottomani perché gli uomini erano stanchi, la notte si avvicinava e il mare stava ingrossando. Don Giovanni ordinò di accendere i fuochi nelle cucine e far rotta per l’isola di Petala. “secondo grandi strateghi navali tra cui Nelson bisogna inseguire il nemico in forze ed in formazione per catturare le rimanenti navi in fuga”

 
 

                                        4,2                                                      Resoconto

 

Don Giovanni ordinò ”quella che i marinai all’epoca chiamavano la lista del macellaio” di comunicare il numero delle perdite, i feriti, i prigionieri catturati divisi in feriti e non. Dai segnali pervenuti con bandiere, si ritenne che per i veneziani vi fosse stato un errore non segnalavano prigionieri. Il messaggio fu fatto ripetere, era stato interpretato correttamente. Don Giovanni chiese che cosa ne era stato dei prigionieri che sicuramente si erano arresi, la risposta fu macellati.

 

Partirono le navi più veloci per annunziare la vittoria; a Roma il Papa fu ufficialmente informato venti giorni dopo, ma il 7 ottobre a mezzo giorno aveva avuto una visione, la Vergine gli aveva annunciato la vittoria. Si racconta che fosse in udienza fece allontanare tutti e comandò che le campane fossero sciolte per annunziare l’evento. La tradizione è conservata ancora oggi la festa di Nostra Signora della Vittoria ritenuta anacronistica si chiama del Rosario ed è spostata alla domenica successiva al 7. La supplica alla Madonna di Pompei  avviene da allora tutti gli anni si commemora Lepanto e si chiede alla Vergine d’intercedere per i mali che affliggono l’umanità ai nostri giorni. Ancora oggi in Vaticano si riuniscono i discendenti dei partecipanti a Lepanto. Gli Spagnoli oltre alle altre manifestazioni per la vittoria inventarono un liquore, il LEPANTO che è prodotto ancora oggi.

 

PERDITE

 

                                   OCCIDENTALI                                                                                             ORIENTALI

 
                                     Morti 7.656                                                                                                   Morti  30.000
                                     Feriti 7.784                                                                                                   Feriti non noti

                                     Navi catturate 137                                                                                         Navi catturate 1

                                     Navi affondate 50                                                                                          Navi affondate 17

                                     Schiavi vogatori liberati 15000

 

A parziale giustificazione dell’eccidio compiuto dai Veneziani bisogna tener presente che molti di loro avevano avuto parenti trucidati a Cipro. I comandanti delle galeazze poste avanti al gruppo di Barbarigo erano i fratelli Bragadin, un Comandante di un gruppo navale Guerini aveva perso il figlio e così tanti altri, solo il 4 avevano ricevuto la luttuosa notizia.

 
I 15.000 ex schiavi liberati furono sbarcati a Recanati nelle Marche si recarono alla vicina Basilica di Loreto, dove offrirono alla Madonna le catene che li tenevano ai remi, con queste furono fabbricate le grate in cappella intorno alla casa santa
 

                                        4.3                                       Cosa fecero i nostri eroi

 

Giunti a Messina furono accolti con grandi festeggiamenti, Te Deum di ringraziamento e grandi feste in onore degli eroi. L’ospedale di Messina fu pieno di feriti si riempirono le sacrestie e le chiese anche in provincia. Durante l’inverno a Messina e a Genova si continuarono ad avere decessi.

 

Tra i feriti spagnoli vi era un giovanotto con tre ferite, un’archibugiata gli aveva fatto perdere la mono sinistra. Il giovane era Miguel Cervantes l’autore del Don Chisciotte opera iniziata durante la convalescenza a Messina. Don Chisciotte e Sancio Pansa nacquero in Sicilia. Si racconta che Don Giovanni visitò Cervantes e gli disse Don Mighel mi dia la mano “un alto onore” il Cervantes mostrando il moncherino e sorridendo rispose “già fatto Maestà ”nel mentre porgeva la destra. Dimostrando grande personalità e Humor, la disgrazia non lo aveva depresso.

 

Don Giovanni era il super eroe, l’idolo delle ragazze cosa che a lui non dispiaceva. Si recò a Napoli dove tra Te Deum feste danzanti di donne non ne perdeva nessuna. Una sera, fu colto in flagranza di reato con una donna sposata e secondo i costumi dell’epoca, la svergognata e solo lei venne condannata alla prigione. Il clamoroso scandalo dilagò per l’Europa, il peggio venne quando la signora restò incinta. Le regole del tempo stabilivano che per la prigioniera in dolce attesa si potesse scontare la pena in convento. A Napoli e provincia nessun convento era disposto ad accettarla.

 

Don Giovanni tramite il fratello ottenne l’appoggio del Papa e si aprirono le porte dei conventi. Nacque una bimba Donna Giovanna D’Austria che visse e morì a Napoli. Don Giovanni mori a soli ventotto anni era nei Paesi Bassi “ Le Friande” a combattere i ribelli eretici. Si racconta che morì di febbri tifoidee “salmonellosi” era primavera inoltrata e l’acqua era attinta da un barile aperto posto nel campo.

 

Don Giovanni era quel giovanotto che molti vorrebbero per figlio ma nessuno per genero. In Italia del sud di un seduttore "un latin lover “ si è soliti dire è proprio un Don Giovanni, avete capito a chi si afferiva nell’idioma.

 

L’ammiraglio Venier divenne Doge e morì mentre era in carica.

In un certo senso fu promosso anche il Papa Pio V che fu fatto Santo.
 

Il Principe Marcantonio Colonna ebbe dal Papa il tributo di un trionfo a Roma come ai tempi dei Cesari. Il principe si schernì ricordando al Papa che tali onori non erano stati tributati a Don Giovanni, pare che il Papa abbia risposto io onoro i miei Comandanti il Re di Spagna i suoi. Ambiva a diventare Vice Re di Milano fu nominato dal Re di Spagna Vice Re di Sicilia. Ebbe a scontrarsi con la mafia dell’epoca e con la Santa Inquisizione che mandava a morte gli eretici ricchi; questi, sotto tortura confessavano qualsiasi nefandezza, secondo le leggi i loro beni erano incamerati dagli inquirenti. Morì mentre era in viaggio per un incontro alla corte di Madrid nella città di Medinaceli, si sospetta eliminato da qualcuno dei tanti potenti nemici che si era fatto che non voleva essere svergognato a corte.

 

L’ammiraglio Venier ben sapeva che il loro vantaggio era compreso in una breve finestra temporale, propose di occupare un isolotto strategico Modone, gli alleati si opposero la stagione era troppo avanti. La Spagna non gradiva un rafforzamento di Venezia, preferiva un equilibrio instabile tra Venezia e il Sultano, in modo che entrambi si logorassero vicendevolmente.

 

I nostri si congedarono a Messina dandosi appuntamento all’anno successivo quando con la bella stagione avrebbero ripreso le attività belliche.

 

                                        4.4                                         CONCLUSIONI

 
La schiacciante vittoria occidentale fu resa possibile dalla tecnologia più avanzata in particolare quella della Marina Veneta con lo schieramento delle Galeazze, navi a remi in grado di evoluire in formazione con le altre navi della flotta ma dotate di artiglieria simile ad Unità navali a vela.
 

L’uso del portello per i cannoni , i tiri d’artiglieria con proiettili a palle incatenate, l’uso degli archibugi, la fanteria occidentale era protetta da corazze e morioni che rendevano quasi inefficaci le frecce degli ottomani che per contro erano dotati di giubbotti in pelle e di sole armi da taglio. Le artiglierie occidentali erano più del doppio e quelle orientali si constatò a Messina erano di mediocre qualità con cannoni fusi con bronzo scadente e le bocche da fuoco all’interno delle canne presentavano scorie e camole.

 
Altro grave errore, di cui non si resero conto, era quello commesso dalla dirigenza ottomana che si ostinava a comandare la flotta da Istanbul, mediante delle lettere con tempi di risposta di quattro giorni, ovvero comandare la flotta dal ministero, non considerando che le decisioni in mare devono essere prese al momento secondo le circostanze mutanti che talvolta possono cambiare improvvisamente.
 

                                        4.5                                           Avvenimenti successivi

 

Non accadde nulla per due motivi Il sultano allestì durante l’inverno una flotta di dimensioni simili alla precedente e quindi era tutto da rifare. Gli Ammiragli non temevano la nuova flotta era fatta con legno non stagionato, ed era impossibile in così breve tempo avere dei nuovi Comandanti e quadri affidabili.

 

Non furono intraprese azioni decisive per mettere in difficoltà il Sultano la vittoria non venne sfruttata. Cipro era perduta e Venezia con alleati poco affidabili decise di firmare la pace l’anno successivo il 7 marzo del 1573. La strategia di Venezia puntava alla riconquista di alcune isole Egee “le Cicladi” in modo d’assicurarsi delle solide basi e tenere in scacco le due flotte ottomane la più potente a Istanbul la meno ad Alessandria. La Spagna non gradiva un rafforzamento della Serenissima e non voleva rischiare la propria flotta. Quest’ultima aveva problemi di fronte casa con marocchini e algerini e con i pirati inglesi in atlantico e in caso di perdita delle forze navali qualora sconfitti sarebbe stata scoperta, era altrettanto rischioso tenere la flotta nel Mediterraneo orientale. Interessi contrastanti dividevano le due grandi occidentali comunque la mela matura da cogliere” Roma e l’Italia “ con Lepanto ridivenne verde e la marina ottomana fu più cauta, si dedicò a una guerra di corsa.

La situazione di Lepanto si ripete nei giorni nostri dove alleati con interessi diversi cercano il loro vantaggio economico a danno di altri; com’è accaduto in Libia dove l’Italia ha perso momentaneamente un patner commerciale e Francia e Inghilterra sono con noi in competizione per accaparrarsi la ricostruzione. L’abbattimento del mostro è una facciata ora gli orrori in Libia sono su scala notevolmente più elevata che nel passato e il nostro paese già in crisi è costretto a spendere risorse ingenti per fronteggiare da solo l’ondata di profughi.  I mercenari Svizzeri e le navi fittate dal Doria sono replicati nei contractors di oggi, come a Lepanto spesso poco affidabili.

Il Sultano affermava che Lepanto era per lui una vittoria aveva imposto la pace alle sue condizioni, Cipro era sua e Venezia gli pagava i danni di guerra, le perdite erano come una bruciacchiata di barba presto sarebbe ricresciuta. Venezia si rese conto della inutilità di tenere in approntamento una flotta che costava 1.200.000 ducati annui in quanto alleati infidi “Spagna e Genova” non intendevano intraprendere azioni decisive, avvio negoziati in segreto e pagò al Sultano 300.000 ducati, aveva conseguito un notevole risparmio senza considerare che i traffici con l’oriente potevano riprendere.

La battaglia di Lepanto se fosse stata persa avrebbe dischiuso in favore del Sultano prospettive di conquiste in Italia a danno della Spagna con la probabile perdita dei Regni di Sicilia, di Sardegna e Napoli; per finire sarebbe caduta a seguire anche La Santa Sede con il suo peso enorme sia religioso che politico.

Fu quindi Lepanto un alt all’espansionismo islamico anche se temporaneo e nello stesso tempo un monito, se si uniscono, possiamo perdere. Per Venezia fu un pareggio, il vero vincitore era il Pontefice che si era battuto per la Cristianità e non aveva obiettivi economici.

Gli Spagnoli rimasero molto impressionati dalle galeazze e per affrontare gli inglesi nella contesa per il controllo dell’Atlantico fecero approntare nell’arsenale di Venezia quattro di queste e costituirono una potente flotta che credevano invincibile, ma questa è un’altra storia che se vorrete e avrete la pazienza di ascoltarmi vi racconterò un’altra volta

 

Fine