I MOTIVI DELLA CONTESA |
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Sui documenti ufficiali era chiamato Sultano degli Ottomani e
Vicario di Alla sulla terra, Signore dei Signori di questo mondo,
Re dei credenti, e, come se non bastasse persino Ombra
dell’Onnipotente dispensatrice di quiete sulla terra. Era uomo che
gradiva la pace e il dialogo “detto l’ubriacone dai dileggiatori,
era un alcolista “. La tradizione prevedeva che il nuovo Sultano
costruisse una grande moschea possibilmente più grande di quella
costruita dal padre, un’area della moschea era destinata alla sua
tomba. La costruzione doveva avvenire a spese degli occidentali
ovvero si occupava una provincia o una regione e con i proventi di
questa si provvedeva alle spese. Il Sultano tergiversava e resisteva
alle pressioni dei militari che desideravano entrare in guerra, per
loro la guerra poteva trasformarsi in un’occasione d’arricchimento
con bottini e schiavi, analogamente premevano gli Imam interessati a
gestire un nuovo e prestigioso sito religioso. Le donne nei
territori mussulmani non contavano e non contano nulla, comandano
gli uomini, ma la mamma è sempre la mamma e la madre del Sultano lo
affrontò e lo costrinse a muoversi. |
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Il Gran Visir
Sokollu Mehemed “primo ministro” consigliò d’occupare Cipro.
Possedimento veneto vicino alla terra ferma e spesso ricovero di
pirati cristiani che avevano arrecato danni. I pirati avevano
catturato pellegrini diretti alla Mecca e in altre occasioni
si erano impadroniti dei proventi spettanti al Sultano quali tributi di paesi Africani. Altro
motivo di contrasto era il contrabbando di grano dal continente
verso Cipro. In seguito ad una carestia era stata vietata dalle
autorità ottomane l’esportazione del grano.
Quindi Venezia fu
trascinata in guerra, era stato tentato dal Sultano un accomodamento
per evitare la crisi ma Venezia si sentiva in grado di difendersi si
riteneva non a caso una potenza navale in grado di poter competere
con il Sultano. L’ambasciatore a Istanbul Marcantonio Barbaro aveva
segnalato un approntamento delle forze navali e chiesto anche
chiarimenti ai governanti ricevendo assicurazioni che non vi erano
motivi di ostilità con la Serenissima. I veneziani non erano graditi
ai Ciprioti perché trattati con arroganza e sussiego in quanto
ortodossi ed erano vessati da pesanti tributi. |
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Nella capitale ottomana
si era sparsa la voce cje il Sultano stesse preparando una
spedizione contro la Spagna in quel periodo alle prese con la
rivolta dei moriscos. La diceria messa in giroad arte forse dal Gran
Visir fu presa per buona anche da importanti ambienti economici
veneziani. |
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Venezia versava per
Cipro al Sultano, allo scopo di tenerselo buono, un contributo di
ottomila ducati oro l’anno; rovesciando il principio, proprio questo
versamento rafforzava le pretese del Sultano “adesso l’isola mi
serve”. A convincere il Sultano che il momento era propizio per
entrare in contrasto con Venezia fu l’incendio in arsenale del 1569
con l’esplosione del deposito delle polveri. La distruzione avvenne
solo per il 20% dello stabilimento, gli effetti furono così
strepitosi che le spie credettero a una quasi distruzione totale
dell’arsenale.
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3.2
ARSENALE DI VENEZIA |
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In
quel tempo il più grande d’Europa con 5.000 addetti” comprese oltre
400 donne addette alle lavorazioni sulle vele”, lo stabilimento
aveva rinomanza mondiale, costruire una galera non era affatto
semplice erano richiesti diversi artigiani con altissime
specializzazioni coperte da segreto che venivano tramandate da padre
in figlio”maestri d’ascia, calafati, fonditori ecc”. Erano necessari
per realizzare una galera all’incirca venti tipi di legno diversi,
gli alberi erano in noce, i remi in faggio, le strutture in quercia,
veniva usato l’olmo, il pino, l’abete ecc..”. Quando alle grandi
potenze servivano delle maestranze esperte, queste a colpo sicuro
inviavano i loro rappresentanti a Venezia per assoldare senza badare
a spese gli arsenalotti disponibili. |
Il
Sultano sempre a corto di personale nel suo arsenale di Instanbul,
copia più grande del veneziano, era disposto a tutto pur di
accaparrarsi gente esperta proveniente anche dagli stabilimenti
italiani di Genova, Napoli e Messina. Il Sultano era disponibile a
dare asilo a fior di mascalzoni, purché sapessero lavorare, questi
erano certi di approdare in un luogo sicuro dove era garantita una
ottima paga e la certezza che non sarebbero stati estradati, cosa
più importante per i criminali in fuga,. Enrico VIII Re di
Inghilterra assoldò fonditori dell’arsenale di Venezia quando mise
in piedi la Marina Reale Inglese. |
Gli
arsenalotti imparavano il mestiere in arsenale dove erano ammessi
come apprendisti senza salario al compimento del quinto anno di eta
al seguito del padre di uno zio o del nonno, questi tramandavano il
mestiere con i relativi segreti. Gli arsenalotti potevano avere una
bottega in città ma in caso di necessità della Marina dovevano
chiuderla e recarsi in arsenale. Gli arsenalotti erano protetti da
un grande privilegio quando rimanevano senza lavoro, chiudevano
bottega e passavano dall’arsenale, qui ricevevano il salario anche
se la loro opera non era richiesta. Questo privilegio unico nel
mondo di allora non era ben visto dai borghesi era stato sostenuto
dalle corporazioni di arti e mestieri, i sindacati dell’epoca, era
una scelta della Repubblica tesa a non perdere gli arsenalotti,
preziosa manodopera. La Serenissima si assicurava così l’efficenza
dell’arsenale punto di forza della Marina. |
Nei
magazzini arsenalizzi venivano conservate cento galere smontate da
assemblare in caso di necessità in soli due mesi ad integrazione
della flotta. Dalla torre dell’arsenale si effettuava la prevenzione
incendi, infatti solo per la città la sicurezza era assicurata dagli
arsenalotti, che intervenivano con barche attrezzate. Siamo nel
periodo della piccola glaciazione e la laguna in inverno ghiacciava,
abbiamo diversi quadri che lo attestano, era compito degli
arsenalotti di liberare dai ghiacci con pesanti mazze ferrate i
canali strategici per la navigazione. Il Senato aveva concesso in
uso esclusivo alla Marina alcune parti delle foreste del Cadore dove
gli alberi abbattuti venivano sostituiti con altri messi a dimora
seguiti ed infine selezionati per l’impiego. La Repubblica spendeva
per l’arsenale 450.000 ducati una cifra enorme per quei tempi, il
Duca di Savoia aveva in bilancio 100.000 ducati. Venezia era un
impero commerciale marittimo dove si potevano assicurare i carichi
delle navi ed aveva un bilancio più grande della somma dei restanti
Governi della penisola ammontante a 7.000.000 di ducati, il secondo
stato italiano era lo Stato Pontificio con 4.500.000 di ducati. |
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3.3 inizio delle ostilità |
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Gli ottomani invasero Cipro nel mese di luglio con 360 navi fra
trasporti e militari e 50.000 uomini; il primo luglio 1570 nei
pressi di Limassol furono respinti, il secondo tentativo avvenne il
diciotto luglio a Nicosia posizione meno difesa quindi più
abbordabile ed ebbe successo.
La Marina veneta
approntò la flotta che lasciò la città per tempo, ma durante la
navigazione verso Cipro scoppiò il tifo che si diffuse rapidamente
dai vogatori agli equipaggi. Il morbo mieteva centinaia di vittime
al giorno. La flotta in ginocchio fu costretta a mettersi in
quarantena a Zara, quando ci fu un miglioramento si spinsero a Corfù.
A Cipro furono ritirate le forze navali e terrestri presenti e
rifornite le fortezze, si decise di resistere in queste. Il Papa,
fine politico, aveva capito che singolarmente le potenze occidentali
non potevano tener testa al gigante islamico e insisteva nel formare
la grande alleanza navale, in breve una crociata. Venezia con la
flotta in quello stato avrebbe perso Cipro, una delle grandi isole
del Mediterraneo ”la terza”. |
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La perdita
costante di territori e la discendente decadenza potevano essere
fermate solo con l’alleanza che proponeva la Santa Sede. Il Papa con
accorati appelli ai Sovrani ricordava che la prossima conquista del
Sultano poteva interessare anche un loro territorio. Il Papa riuscì
a mettere in piedi un’alleanza ma tra i comandanti litigarono “
Marcantonio Colonna Comandante della Marina Pontificia ed inoltre
uomo di fiducia di Filippo e Gian Andrea Doria, che a ragione si
riteneva unico uomo di mare, comandante della flotta genovese e di
dodici sue navi ” di conseguenza scoppiarono a Candia dei litigi e
scontri fra marinai, l’alleanza fu sciolta era settembre del 1570.
L’Ammiraglio Comandante la flotta veneta Girolamo Zane inviò il
Comandante Querini con alcune navi a rifornire la fortezza di
Famagosta. Quando la flotta rientrò a Venezia venne processato
dall’Ammiragliato e destituito. Il suo comportamento aveva
pregiudicato la tenuta di Cipro, era convinzione dell’Ammiragliato
che doveva portare la flotta tra Cipro ed il continente distruggendo
tutte le navi da carico nemiche impegnate a rifornire l’esercito
nemico, in caso di incontro con la flotta militare ottomana al
completo non doveva accettare battaglia per manifesta inferiorità.
Venezia avviò trattative di pace segrete con La Sublime porta. Il
Papa tenace assertore della sua politica, continuò nonostante tutto
a rimettere insieme i cocci era in gioco il destino dell’Europa. Il
Sultano informato dalla sua intelligence si preoccupò molto, aveva
corso un bel rischio era necessario occupare subito Cipro così da
fermare la Diplomazia pontificia ancora attivissima. |
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Il
Sultano chiamò a consiglio il Gran Visir Sokollu Mehemed per
prendere dei provvedimenti e mettere fine al conflitto in tempi
brevi. Furono prese le seguenti decisioni. Spaventare i veneziani
facendo appena possibile incursioni con la flotta in tutto il
Mediterraneo arrivando anche in Adriatico, se opportunamente
spaventati i Veneziani potevano chiedere la pace. Il Gran Visir
avrebbe preparato un editto che poteva portare alla resa
contemporanea di tutte le fortezze che in quel momento resistevano
indomite. L’editto seguiva la filosofia del bastone e della carota
si chiedeva la resa delle fortezze e in cambio si concedeva la
libertà a tutti i militari e famiglie con l’assicurazione di essere
portati in territorio neutrale. In caso di conquista delle fortezze
i militari e famiglie sarebbero diventati schiavi, la proposta del
Sultano era generosa. L’editto esprimeva ammirazione per i
combattenti veneziani, evidenziando che l’isola, tranne le fortezze,
era nelle mani del Sultano, la flotta la teneva al riparo da
incursioni e le fortezze non avrebbero potuto resistere molto a
lungo. Nel caso l’editto fosse stato ignorato il Sultano, si sarebbe
sentito offeso e comandava la condanna a morte dei militari e
famiglie iniziando dal comandante sino all’ultimo soldato. L’editto
fu letto lo stesso giorno a tutte le piazze forti, nessuna si
arrese. All’inizio dell’invasione di Cipro i Veneziani commisero un
massacro in due villaggi che avevano accolto gli invasori come
liberatori. I veneziani raccolte forze sufficienti nottetempo
ricacciarono gli Ottomani, uccisero gli abitanti e appiccarono il
fuoco alle case. |
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Ritornando alle fortezze, quando alla prima finirono le munizioni,
questa fu costretta alla resa. Il comandante mussulmano non poteva
fare altro che rispettare l’editto e applicarlo, sbagliò andando
oltre, si comportò in modo barbaro com’era già avvenuto a Otranto.
Il Comandante fece decapitare tutti quelli che rifiutarono di
convertirsi. Il Sultano aveva lasciato la clausola della condanna
dei familiari per spaventare gli assediati pur ritenendola disumana,
saputo, i fatti destituì il comandante. Al Sultano era ben chiaro
che i Veneziani alla prima occasione favorevole avrebbero restituito
la cortesia. Quanto accaduto si diffuse in tutto l’occidente e un
forte sentimento anti mussulmano condiviso da tutti gli strati
sociali si radicalizzò. La notizia a Venezia suscitò sentimenti di
vendetta, il popolo a gran voce chiedeva l’invio della flotta che
però non era ancora in grado d’affrontare il nemico. Alla flotta
mancavano vogatori pur essendo state svuotate le carceri, erano
stati arruolati in marina a forza cittadini dell’interno che non
avendo mai visto il mare erano terrorizzati e in molti si erano
rifugiati sui monti per sfuggire all’arruolamento. Mancavano inoltre
ufficiali e sottufficiali esperti per le numerose navi. La flotta fu
comunque messa in approntamento. Il Papa ben informato chiese e
ottenne che la flotta non salpasse e finalmente riuscì a realizzare
in breve tempo la coalizione che doveva portare soccorso a Cipro. |
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3.4
La seconda coalizione |
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Il 24 maggio del 1571 gli occidentali si riunirono a Roma e il
giorno successivo firmavano l’alleanza. |
Intanto la flotta Ottomana imperversava prima in Egeo e poi nello
Jonio devastando incontrastata le isole venete, alla fine
dell’estate entrò in Adriatico attaccando Corfù in uscita ma la
fortezza tenne. Conquistarono le fortezze in Albania e in Montenegro
qualche nave pirata si spinse sino a Chioggia catturando dei
pescatori in mare. I veneziani erano terrorizzati si aspettavano la
flotta nemica davanti casa. Il governo per tranquillizzare la
popolazione fortificò il litorale rischierò forze terrestri sul
litorale. |
Le
potenze occidentali che presero parte al conflitto con gli Ottomani
furono l’impero Asburgico quello di Carlo V che affermava “ sul mio
impero non tramontava mai il sole”era Imperatore Massimiliano
fratello di Carlo. La capitale Vienna fu per ben due volte posta
sotto assedio dagli Ottomani una volta prima della battaglia di
Lepanto 1529 e l’altra dopo 1683, in entrambi i casi, la città
riuscì a salvarsi. L’imperatore in carica si allontanò in tempo e
radunò forze sue e alleate con le quali si diressero su Vienna. Gli
assedianti per non divenire a loro volta assediati frettolosamente
si ritirarono. Queste battaglie fermarono l’avanzata degli
orientali. |
Il
fatto era sconvolgente, gli Asburgo erano la più grande potenza
occidentale se facciamo un parallelo con i nostri giorni e come se i
Russi o i Cinesi assediassero Washington. |
I
Viennesi felici per la ritirata del nemico si riversarono su ciò che
restava del campo avversario, erano i giovani del popolo minuto, i
più poveri, rovistarono il campo con la speranza di trovarvi
qualcosa di utile per casa o da vendere. Si racconta che furono
trovati due sacchi di caffè moka, invece di spartirselo decisero di
preparare il caffè e offrirlo. L’offerta ebbe successo si formò una
gran fila ma ben presto per la mancanza dello zucchero tutti si
lamentavano. Gli Ottomani in ritirata non avevano lasciato lo
zucchero. Passava da quelle parti un monaco con un otre pieno di
latte, e resosi conto del problema, generosamente offrì il latte per
addolcire il caffè; un ragazzo che aveva appena preso il latte,
guardò la tazza e incominciò a gridare CAPPUCCINO CAPPUCCINO, la
bevanda aveva lo stesso colore dell’abito monacale per l'appunto un
Cappuccino Italiano e così per caso fu inventato il cappuccino.
Nella stessa città la notte precedente i Militari avevano avvertito
la Corte che l’assedio era solo formale il nemico, si stava
ritirando frettolosamente e l’indomani sicuramente li avrebbero
visti in lontananza. Era la fine di un incubo un avvenimento da
festeggiare. Il pasticcere di corte volle inventare un nuovo
croissant e gli diede la forma della mezza luna Turca, ”mangiare il
simbolo nemico era una soddisfazione” farcì il croissant con creme e
marmellate e per farlo bianco come la luna lo rivesti di una glassa
bianca. Cosi era nato il cornetto chiamato allora mezza luna. La
nostra colazione nasce lo stesso giorno nella stessa città ma non
sarà consumata contemporaneamente. La sorte volle che il croissant
nascesse presso la corte imperiale, la crema della nobiltà e il
cappuccino presso il popolo minuto, due mondi quasi senza contatto.
Quella che noi occidentali chiamiamo mezza luna è in realtà solo uno
spicchio di luna, della cui origine abbiamo già detto. Lo stesso
simbolo lo troviamo nella bandiera Nazionale Turca, perché eredi
degli Ottomani, anche le incursioni piratesche fatte in quel tempo a
danno dei popoli occidentali erano definite Turche o Barbaresche
secondo la provenienza degli assalitori dalla Turchia o dalle coste
Africane area geografica definita dai Romani come Barbaria da cui
per le popolazioni il termine Berbere. |
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