LA BATTAGLIA DI LEPANTO
 

 

CAPITOLO 3
 

 

I MOTIVI DELLA CONTESA

 
 Sui documenti ufficiali era chiamato Sultano degli Ottomani e Vicario di Alla sulla terra,  Signore dei Signori di questo mondo, Re dei credenti, e, come se non bastasse persino Ombra dell’Onnipotente dispensatrice di quiete sulla terra. Era uomo che gradiva la pace e il dialogo “detto l’ubriacone dai dileggiatori, era un alcolista “. La tradizione prevedeva che il nuovo Sultano costruisse una grande moschea possibilmente più grande di quella costruita dal padre, un’area della moschea era destinata alla sua tomba. La costruzione doveva avvenire a spese degli occidentali ovvero si occupava una provincia o una regione e con i proventi di questa si provvedeva alle spese. Il Sultano tergiversava e resisteva alle pressioni dei militari che desideravano entrare in guerra, per loro la guerra poteva trasformarsi in un’occasione d’arricchimento con bottini e schiavi, analogamente premevano gli Imam interessati a gestire un nuovo e prestigioso sito religioso. Le donne nei territori mussulmani non contavano e non contano nulla, comandano gli uomini, ma la mamma è sempre la mamma e la madre del Sultano lo affrontò e lo costrinse a muoversi.

 

Il Gran Visir Sokollu Mehemed “primo ministro” consigliò d’occupare Cipro. Possedimento veneto vicino alla terra ferma e spesso ricovero di pirati cristiani che avevano arrecato danni. I pirati avevano catturato pellegrini diretti alla Mecca e in altre occasioni si erano impadroniti dei proventi spettanti al Sultano quali tributi di paesi Africani. Altro motivo di contrasto era il contrabbando di grano dal continente verso Cipro. In seguito ad una carestia era stata vietata dalle autorità ottomane l’esportazione del grano.

  Quindi Venezia fu trascinata in guerra, era stato tentato dal Sultano un accomodamento per evitare la crisi ma Venezia si sentiva in grado di difendersi si riteneva non a caso una potenza navale in grado di poter competere con il Sultano. L’ambasciatore a Istanbul Marcantonio Barbaro aveva segnalato un approntamento delle forze navali e chiesto anche chiarimenti ai governanti ricevendo assicurazioni che non vi erano motivi di ostilità con la Serenissima. I veneziani non erano graditi ai Ciprioti perché trattati con arroganza e sussiego in quanto ortodossi ed erano vessati da pesanti tributi.

Nella capitale ottomana si era sparsa la voce cje il Sultano stesse preparando una spedizione contro la Spagna in quel periodo alle prese con la rivolta dei moriscos. La diceria messa in giroad arte forse dal Gran Visir fu presa per buona anche da importanti ambienti economici veneziani.
 

Venezia versava per Cipro al Sultano, allo scopo di tenerselo buono, un contributo di ottomila ducati oro l’anno; rovesciando il principio, proprio questo versamento rafforzava le pretese del Sultano “adesso l’isola mi serve”. A convincere il Sultano che il momento era propizio per entrare in contrasto con Venezia fu l’incendio in arsenale del 1569 con l’esplosione del deposito delle polveri. La distruzione avvenne solo per il 20% dello stabilimento, gli effetti furono così strepitosi che le spie credettero a una quasi distruzione totale dell’arsenale.                

                                                  3.2                                                 ARSENALE DI VENEZIA

 
In quel tempo il più grande d’Europa con 5.000 addetti” comprese oltre 400 donne addette alle lavorazioni sulle vele”, lo stabilimento aveva rinomanza mondiale, costruire una galera non era affatto semplice erano richiesti diversi artigiani con altissime specializzazioni coperte da segreto che venivano tramandate da padre in figlio”maestri d’ascia, calafati, fonditori ecc”. Erano necessari per realizzare una galera all’incirca venti tipi di legno diversi, gli alberi erano in noce, i remi in faggio, le strutture in quercia, veniva usato l’olmo, il pino, l’abete ecc..”. Quando alle grandi potenze servivano delle maestranze esperte, queste a colpo sicuro inviavano i loro rappresentanti a Venezia per assoldare senza badare a spese gli arsenalotti disponibili.
Il Sultano sempre a corto di personale nel suo arsenale di Instanbul, copia più grande del veneziano, era disposto a tutto pur di accaparrarsi gente esperta proveniente anche dagli stabilimenti italiani di Genova, Napoli e Messina. Il Sultano era disponibile a dare asilo a fior di mascalzoni, purché sapessero lavorare, questi erano certi di approdare in un luogo sicuro dove era garantita una ottima paga e la certezza che non sarebbero stati estradati, cosa più importante per i criminali in fuga,. Enrico VIII Re di Inghilterra assoldò fonditori dell’arsenale di Venezia quando mise in piedi la Marina Reale Inglese.
 Gli arsenalotti imparavano il mestiere in arsenale dove erano ammessi come apprendisti senza salario al compimento del quinto anno di eta al seguito del padre di uno zio o del nonno, questi tramandavano il mestiere con i relativi segreti. Gli arsenalotti potevano avere una bottega in città ma in caso di necessità della Marina dovevano chiuderla e recarsi in arsenale. Gli arsenalotti erano protetti da un grande privilegio quando rimanevano senza lavoro, chiudevano bottega e passavano dall’arsenale, qui ricevevano il salario anche se la loro opera non era richiesta. Questo privilegio unico nel mondo di allora non era ben visto dai borghesi era stato sostenuto dalle corporazioni di arti e mestieri, i sindacati dell’epoca, era una scelta della Repubblica tesa a non perdere gli arsenalotti, preziosa manodopera. La Serenissima si assicurava così l’efficenza dell’arsenale punto di forza della Marina.
 Nei magazzini arsenalizzi venivano conservate cento galere smontate da assemblare in caso di necessità in soli due mesi ad integrazione della flotta. Dalla torre dell’arsenale si effettuava la prevenzione incendi, infatti solo per la città la sicurezza era assicurata dagli arsenalotti, che intervenivano con barche attrezzate. Siamo nel periodo della piccola glaciazione e la laguna in inverno ghiacciava, abbiamo diversi quadri che lo attestano, era compito degli arsenalotti di liberare dai ghiacci con pesanti mazze ferrate i canali strategici per la navigazione. Il Senato aveva concesso in uso esclusivo alla Marina alcune parti delle foreste del Cadore dove gli alberi abbattuti venivano sostituiti con altri messi a dimora seguiti ed infine selezionati per l’impiego. La Repubblica spendeva per l’arsenale 450.000 ducati una cifra enorme per quei tempi, il Duca di Savoia aveva in bilancio 100.000 ducati. Venezia era un impero commerciale marittimo dove si potevano assicurare i carichi delle navi ed aveva un bilancio più grande della somma dei restanti Governi della penisola ammontante a 7.000.000 di ducati, il secondo stato italiano era lo Stato Pontificio con 4.500.000 di ducati.
 

                                        3.3                                            inizio delle ostilità

 

Gli ottomani invasero Cipro nel mese di luglio con 360 navi fra trasporti e militari e 50.000 uomini; il primo luglio 1570 nei pressi di Limassol furono respinti, il secondo tentativo avvenne il diciotto luglio a Nicosia posizione meno difesa quindi più abbordabile ed ebbe successo.  La Marina veneta approntò la flotta che lasciò la città per tempo, ma durante la navigazione verso Cipro scoppiò il tifo che si diffuse rapidamente dai vogatori agli equipaggi. Il morbo mieteva centinaia di vittime al giorno. La flotta in ginocchio fu costretta a mettersi in quarantena a Zara, quando ci fu un miglioramento si spinsero a Corfù. A Cipro furono ritirate le forze navali e terrestri presenti e rifornite le fortezze, si decise di resistere in queste. Il Papa, fine politico, aveva capito che singolarmente le potenze occidentali non potevano tener testa al gigante islamico e insisteva nel formare la grande alleanza navale, in breve una crociata.  Venezia con la flotta in quello stato avrebbe perso Cipro, una delle grandi isole del Mediterraneo ”la terza”. 

 La perdita costante di territori e la discendente decadenza potevano essere fermate solo con l’alleanza che proponeva la Santa Sede. Il Papa con accorati appelli ai Sovrani ricordava che la prossima conquista del Sultano poteva interessare anche un loro territorio. Il Papa riuscì a mettere in piedi un’alleanza ma tra i comandanti litigarono “ Marcantonio Colonna Comandante della Marina Pontificia ed inoltre uomo di fiducia di Filippo e Gian Andrea Doria, che a ragione si riteneva unico uomo di mare,  comandante della flotta genovese e di dodici sue navi ” di conseguenza scoppiarono a Candia dei litigi e scontri fra marinai, l’alleanza fu sciolta era settembre del 1570. L’Ammiraglio Comandante la flotta veneta Girolamo Zane inviò il Comandante Querini con alcune navi a rifornire la fortezza di Famagosta. Quando la flotta rientrò a Venezia venne processato dall’Ammiragliato e destituito. Il suo comportamento aveva pregiudicato la tenuta di Cipro, era convinzione dell’Ammiragliato che doveva portare la flotta tra Cipro ed il continente distruggendo tutte le navi da carico nemiche impegnate a rifornire l’esercito nemico, in caso di incontro con la flotta militare ottomana al completo non doveva accettare battaglia per manifesta inferiorità.   Venezia avviò trattative di pace segrete con La Sublime porta. Il Papa tenace assertore della sua politica, continuò nonostante tutto a rimettere insieme i cocci era in gioco il destino dell’Europa. Il Sultano informato dalla sua intelligence si preoccupò molto, aveva corso un bel rischio era necessario occupare subito Cipro così da fermare la Diplomazia pontificia ancora attivissima.
 
Il Sultano chiamò a consiglio il Gran Visir Sokollu Mehemed per prendere dei provvedimenti e mettere fine al conflitto in tempi brevi. Furono prese le seguenti decisioni. Spaventare i veneziani facendo appena possibile incursioni con la flotta in tutto il Mediterraneo arrivando anche in Adriatico, se opportunamente spaventati i Veneziani potevano chiedere la pace. Il Gran Visir avrebbe preparato un editto che poteva portare alla resa contemporanea di tutte le fortezze che in quel momento resistevano indomite. L’editto seguiva la filosofia del bastone e della carota si chiedeva la resa delle fortezze e in cambio si concedeva la libertà a tutti i militari e famiglie con l’assicurazione di essere portati in territorio neutrale. In caso di conquista delle fortezze i militari e famiglie sarebbero diventati schiavi, la proposta del Sultano era generosa. L’editto esprimeva ammirazione per i combattenti veneziani, evidenziando che l’isola, tranne le fortezze, era nelle mani del Sultano, la flotta la teneva al riparo da incursioni e le fortezze non avrebbero potuto resistere molto a lungo. Nel caso l’editto fosse stato ignorato il Sultano, si sarebbe sentito offeso e comandava la condanna a morte dei militari e famiglie iniziando dal comandante sino all’ultimo soldato. L’editto fu letto lo stesso giorno a tutte le piazze forti, nessuna si arrese. All’inizio dell’invasione di Cipro i Veneziani commisero un massacro in due villaggi che avevano accolto gli invasori come liberatori. I veneziani raccolte forze sufficienti nottetempo ricacciarono gli Ottomani, uccisero gli abitanti e appiccarono il fuoco alle case.
 
 Ritornando alle fortezze, quando alla prima finirono le munizioni, questa fu costretta alla resa. Il comandante mussulmano non poteva fare altro che rispettare l’editto e applicarlo, sbagliò andando oltre, si comportò in modo barbaro com’era già avvenuto a Otranto. Il Comandante fece decapitare tutti quelli che rifiutarono di convertirsi. Il Sultano aveva lasciato la clausola della condanna dei familiari per spaventare gli assediati pur ritenendola disumana, saputo, i fatti destituì il comandante. Al Sultano era ben chiaro che i Veneziani alla prima occasione favorevole avrebbero restituito la cortesia. Quanto accaduto si diffuse in tutto l’occidente e un forte sentimento anti mussulmano condiviso da tutti gli strati sociali si radicalizzò. La notizia a Venezia suscitò sentimenti di vendetta, il popolo a gran voce chiedeva l’invio della flotta che però non era ancora in grado d’affrontare il nemico. Alla flotta mancavano vogatori pur essendo state svuotate le carceri, erano stati arruolati in marina a forza cittadini dell’interno che non avendo mai visto il mare erano terrorizzati e in molti si erano rifugiati sui monti per sfuggire all’arruolamento. Mancavano inoltre ufficiali e sottufficiali esperti per le numerose navi. La flotta fu comunque messa in approntamento. Il Papa ben informato chiese e ottenne che la flotta non salpasse e finalmente riuscì a realizzare in breve tempo la coalizione che doveva portare soccorso a Cipro.
 
 

                                        3.4                                              La seconda coalizione

 

Il 24 maggio del 1571 gli occidentali si riunirono a Roma e il giorno successivo firmavano l’alleanza.

Intanto la flotta Ottomana imperversava prima in Egeo e poi nello Jonio devastando incontrastata le isole venete, alla fine dell’estate entrò in Adriatico attaccando Corfù in uscita ma la fortezza tenne. Conquistarono le fortezze in Albania e in Montenegro qualche nave pirata si spinse sino a Chioggia catturando dei pescatori in mare. I veneziani erano terrorizzati si aspettavano la flotta nemica davanti casa. Il governo per tranquillizzare la popolazione fortificò il litorale rischierò forze terrestri sul litorale.
 Le potenze occidentali che presero parte al conflitto con gli Ottomani furono l’impero Asburgico quello di Carlo V che affermava “ sul mio impero non tramontava mai il sole”era Imperatore Massimiliano fratello di Carlo. La capitale Vienna fu per ben due volte posta sotto assedio dagli Ottomani una volta prima della battaglia di Lepanto 1529 e l’altra dopo 1683, in entrambi i casi, la città riuscì a salvarsi. L’imperatore in carica si allontanò in tempo e radunò forze sue e alleate con le quali si diressero su Vienna. Gli assedianti per non divenire a loro volta assediati frettolosamente si ritirarono. Queste battaglie fermarono l’avanzata degli orientali.
Il fatto era sconvolgente, gli Asburgo erano la più grande potenza occidentale se facciamo un parallelo con i nostri giorni e come se i Russi o i Cinesi assediassero Washington.
I Viennesi felici per la ritirata del nemico si riversarono su ciò che restava del campo avversario, erano i giovani del popolo minuto, i più poveri, rovistarono il campo con la speranza di trovarvi qualcosa di utile per casa o da vendere. Si racconta che furono trovati due sacchi di caffè moka, invece di spartirselo decisero di preparare il caffè e offrirlo. L’offerta ebbe successo si formò una gran fila ma ben presto per la mancanza dello zucchero tutti si lamentavano. Gli Ottomani in ritirata non avevano lasciato lo zucchero. Passava da quelle parti un monaco con un otre pieno di latte, e resosi conto del problema, generosamente offrì il latte per addolcire il caffè; un ragazzo che aveva appena preso il latte, guardò la tazza e incominciò a gridare CAPPUCCINO CAPPUCCINO, la bevanda aveva lo stesso colore dell’abito monacale per l'appunto un Cappuccino Italiano e così per caso fu inventato il cappuccino. Nella stessa città la notte precedente i Militari avevano avvertito la Corte che l’assedio era solo formale il nemico, si stava ritirando frettolosamente e l’indomani sicuramente li avrebbero visti in lontananza. Era la fine di un incubo un avvenimento da festeggiare. Il pasticcere di corte volle inventare un nuovo croissant e gli diede la forma della mezza luna Turca, ”mangiare il simbolo nemico era una soddisfazione” farcì il croissant con creme e marmellate e per farlo bianco come la luna lo rivesti di una glassa bianca. Cosi era nato il cornetto chiamato allora mezza luna. La nostra colazione nasce lo stesso giorno nella stessa città ma non sarà consumata contemporaneamente. La sorte volle che il croissant nascesse presso la corte imperiale, la crema della nobiltà e il cappuccino presso il popolo minuto, due mondi quasi senza contatto. Quella che noi occidentali chiamiamo mezza luna è in realtà solo uno spicchio di luna, della cui origine abbiamo già detto. Lo stesso simbolo lo troviamo nella bandiera Nazionale Turca, perché eredi degli Ottomani, anche le incursioni piratesche fatte in quel tempo a danno dei popoli occidentali erano definite Turche o Barbaresche secondo la provenienza degli assalitori dalla Turchia o dalle coste Africane area geografica definita dai Romani come Barbaria da cui per le popolazioni il termine Berbere.
 
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