OCCIDENTALI
ORIENTALI |
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Consiglio di guerra
rassegna
musica
consiglio di guerra |
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Ore 08
ore 9
10 11
Ore 12
11 10
9 |
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I I I I
Inizio battaglia I
I I |
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Messa I
allineamento
allineamento |
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Avvistate due vele ottomane |
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Dopo 10 minuti avvistamento biancore |
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LE GALERE |
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Le galere o galee erano navi da guerra usate dall’umanità per circa
tremila anni, le marine barbaresche le utilizzarono sino ai primi
decenni del diciannovesimo secolo. Le ossature erano in legno di
quercia e il fasciame in pino con uno spessore tra i due e i tre
centimetri. Le galee erano molto duttili assicuravano la mobilità
anche in assenza di vento “bonacce che potevano durare anche diversi
giorni”, quando le navi a vela si fermavano, pescavano poco ed erano
leggere per questo motivo non potevano affrontare il mare forte e
quindi erano inutilizzabili in inverno. Erano dotate anche di vele
triangolari “detta vela trina da cui deriva la erronea dizione vela
latina” con due alberi che però consentiva di prendere il vento solo
se proveniente da poppa o dai quadranti poppieri ovvero leggermente
angolato rispetto a questa. Le navi a vela possono approfittare del
vento da qualunque parte provenga. Avevano venti /venticinque remi
per fiancata con 2/3 rematori per remo suddivisi in tre gruppi con
turni di due ore prora, centro e poppa al ritmo di 10/15 remate al
minuto. Le marine delle Repubbliche marinare avevano tre categorie
di vogatori gli schiavi incatenati ai remi, i condannati anche
questi in catene e i salariati che non erano in catene e
partecipavano al combattimento. Alla battaglia di Lepanto
parteciparono allo scontro anche gli sferrati cioè i condannati ed
in cambio ottennero la libertà. ”l’ordine d’impiegare gli sferrati
fu dato da Don Giovanni; era un ordine improprio non poteva liberare
condannati di altri paesi”. Il termine andare in galera che usiamo
ancora risale a quei tempi come il termine galeotto, lo stato invece
di tenere in prigione il malfattore lo condannava a remare per un
determinato numero di anni. Il condannato era reso utile. Anche i
paesi che non avevano il mare condannavano alla galera, il
condannato era venduto a una delle potenze navali in cambio di
soldi; così facendo lo stato invece di spendere soldi per custodire
e nutrire il prigioniero otteneva un vantaggio economico. Gli
Ammiragli scrivevano ai giudici lamentando due cose di non
infliggere condanne a un solo anno di galera, il periodo era troppo
breve, quando il condannato diveniva esperto doveva essere
rilasciato. La seconda di non praticare la tortura della corda che
procurava strappi ai muscoli delle spalle con l’inutilizzo per mesi
del condannato. Gli schiavi al tempo erano i mussulmani per i
cristiani e viceversa ed essendo limitati in numero costavano molto;
pertanto, tranne per particolari periodi, come dopo Lepanto era
difficile trovare schiavi ai remi. I salariati nelle repubbliche
marinare erano contingentati da disposizioni legislative per esempio
la città di Venezia doveva fornire qualora richiesto dalla marina
fino a 10.000 uomini da sorteggiare fra i giovani di determinate età. Vi
erano anche dei poveracci che non sapendo come vivere si arruolavano
come vogatori ed erano pagati come i contingentati poco “detti bonavoglia”. |
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Nei regni di Filippo II erano vietate ai sudditi le leve per i
giovani rematori. A Napoli si celava l’arruolamento con un gioco
d’azzardo. I giovani attirati da un banditore ricevevano in prestito
sei ducati, la paga di sei mesi di un vogatore, a due a due i
ragazzi si giocavano a dadi la posta, il vincitore tratteneva la
metà della posta e con l’altra restituiva il debito, il perdente
imbarcava. Al malcapitato napoletano sconfitto ai dadi era
consentito recarsi in franchigia e il Re gli prestava “la nave” il
denaro pertanto al termine del contratto non poteva sbarcare, aveva
ancora dei debiti da riscattare. Ai vogatori buonavoglia pagati
“uomini liberi” era consentito di poter comprare nei mercati esteri
merci che poi rivendevano in patria questa consuetudine era detta
paccottiglia. |
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La galea aveva la prora rafforzata per la presenza del rostro usato
per speronare l’avversario. Le galee di Lepanto avevano un solo
ordine di remi. Ulteriori rinforzi si resero necessari per sostenere
gli sforzi delle artiglierie. Nell’antichità le galee ebbero un
grande sviluppo con i Greci che inventarono le triremi, navi con tre
ordini di remi e svilupparono tecniche d’impiego adottate poi da
tutte le marine. L’arma del fuoco greco, un lancia fiamme, non fu
impiegato di frequente nelle altre marine perché pericoloso anche
per chi l’impiegava. Nella flotta romana sono presenti anche quattro
e cinque ordini di remi con le possenti quinqueremi. |
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La galea era lunga 40 /50 metri larga 5/6 metri con un ponte solo
sul quale stavano tutti e una stiva molto bassa che non era idonea
ad alloggiare personale. Nella galera erano impiegati 150/200
vogatori, cinquanta uomini di equipaggio e da 20 a 60 soldati “a
Lepanto erano imbarcati così tanti soldati che l’equipaggio arrivava
a 400 uomini”. Era costituita essenzialmente in tre parti quella che
noi definiamo poppa, era chiamata carrozza, ricordava un grosso
carro con copertura telata. La cinematografia ci può aiutare
ricordando i carri dei pionieri nei film western. La poppa era
coperta da un gran telone rosso per i veneti con il leone di San
Marco stampato in oro su ciascun lato, bianco con lo stemma di
Genova per i genovesi. La carrozza era area esclusiva degli
ufficiali, in tutto una decina, la prora era per il restante
equipaggio. Tra la prora e la poppa vi era un corridoio con lato due
fosse, dove a cielo aperto erano stipati i vogatori, il corridoio
ampio era chiamato corso. L’alberatura per la vela era smontabile e
in battaglia quando non serviva e vi era tempo veniva smontata e
portata in deposito, per non offrire superfice utile ai colpi
avversari. |
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Nell’imminenza dello
scontro le parti esterne erano bagnate con l’ausilio di pompe e i
ponti cosparsi di sabbia per prevenire o contenere gli incendi. |
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L’armamento |
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L’artiglieria era stata imbarcata dai genovesi con un cannone a
prora e due piccoli a centro nave. L’impiego a centro nave era un
problema per gli spazzi insufficienti e le strutture deboli pertanto
vennero usati i soli cannoni a prora. L’asse più robusto di una nave
è quello di chiglia che può sostenere gli sforzi maggiori, su questo
era sistemato il cannone più grande con la bocca più larga. Il
diametro della bocca del cannone misurato in millimetri è chiamato
calibro questa dimensione classifica i cannoni “il grosso calibro ha
una bocca grande spara un proiettile di dimensioni maggiori a
maggior distanza”. Il cannone installato a prora estrema si trovava
proprio in fondo al corridoio chiamato corso e per questo era
chiamato corsiero era l’arma che sparava più lontano. Altri due
cannoni identici fra loro simmetrici rispetto all’asse di chiglia
erano sistemati più indietro rispetto al corsiero, su strutture meno
robuste per cui erano più piccoli e molto meno pesanti rispetto al
corsiero, erano chiamati prodieri perché più avanti rispetto agli
ultimi due posti alle spalle. Gli ultimi due cannoni sempre simili
tra loro ma ancora più piccoli erano sistemati ancora più dietro, ed
erano chiamati poppieri perché rispetto agli altri erano quelli più
dietro, più a poppa. I cannoni dell’epoca sparavano, a un chilometro
di distanza circa, delle palle di pietra queste erano più piccole di
solo qualche millimetro di diametro rispetto all’imboccatura del
cannone. Quindi con cinque cannoni vi erano tre tipi di munizioni
diverse. Il cannone era caricato dalla bocca e sono detti ad
avancarica, la polvere da sparo era pigiata con uno strumento
chiamato calcatoio e dopo quest’operazione si caricava la palla
inserendola delicatamente nella canna e per trattenerla e in casi
estremi impedirne la fuoriuscita con i bruschi movimenti della nave
causati dal mare, era bloccata con un cuscino di stoppa che i
marinai chiamavano forma di stoppa perché ricordava il formaggio. Il
cannone poteva anche essere caricato a mitraglia nella polvere
durante la carica s’inserivano circa duecento colpi d’archibugio,
non essendoci la palla a trattenere i gas, i proiettili non facevano
che qualche centinaio di metri. I cannoni non avevano congegni di
mira sparavano sulla cresta dell’onda per sparare lontano nel cavo
per sparare vicino. Le galere sparavano una sola salve non essendoci
tempo per ricaricare i cannoni. Altre armi da fuoco erano gli
archibugi i rudimentali fucili pesanti erano appoggiati su dei
supporti in metallo e le pistole. |
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Le armi bianche, spade sciabole corte per supplire agli spazzi
ristretti, asce, scuri, pugnali, picche. I mozzi e gli allievi
gettavano sui ponti nell’imminenza di un abbordaggio chiodi a tre
punte, i marinai combattevano scalzi. Le catapulte per il lancio di
dispositivi incendiari impiegati dai greci e romani erano in uso. Le
catapulte erano più efficaci di quelle romane e il liquido contenuto
nel vaso che era lanciato non era solo petrolio ma misture segrete
che contenevano sostanze atte ad attaccarsi sulle pareti verticali.
I genovesi inserivano anche calce viva la quale ustionava qualora
avesse colpito i nemici. L’innesco degli antichi era uno straccio
imbevuto di petrolio ora sostituito da filo metallico che tratteneva
cinque o più inneschi incendiari “miccia a lenta combustione”. Non
erano in molti a saper nuotare vi era la convinzione che nuotare
fosse negativo, era meglio morire invece che rimanere in acqua a
disperarsi per ore. I salvagente che i romani conoscevano, e usavano
“ciambelle in sughero con corde intorno” erano stati dimenticati.
Singolare era la credenza che i bagni di mare e i tuffi in
particolare andavano proibiti alle bimbe, potevano causare la
perdita della verginità. |
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I genovesi avevano
inventato un dispositivo che a strappo liberava dall’armatura con un
sol gesto. |
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LE GALEAZZE |
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Di queste abbiamo
già parlato le armi erano le stesse delle galere, non disponevano
delle arcaiche catapulte, erano a ponte intero ovvero non erano
visibili i rematori. Avevano tre alberi quelle di Lepanto erano le
prime di una serie con undici unità con 30 e 40 cannoni in seguito
furono dotate fino a 50 bocche da fuoco. I cannoni erano all’interno
della nave e per la prima volta batterie di cannoni furono sistemate
sulle fiancate e per entrare in servizio era necessario alzare dei
portelloni. Da queste unità derivarono i galeoni. |
Gli orientali
avevano una flotta meno omogenea degli occidentali era
composta dalle seguenti navi a remi galee, galeotte e fuste. |
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Le GALEOTTE |
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Erano simili a delle piccole galere venivano impiegate come navi
corsare private. Gli armatori con il sistema a caratura investivano
i loro capitali. I pirati con base ad Algeri depredavano le coste
della Spagna, da Tunisi imperversavano sulle coste dell’Italia e da
Tripoli mettevano in crisi le popolazioni dei cosi detti territori
d’oltre mare le isole dell’attuale Grecia, tormentavano i commerci
occidentali. Gli equipaggi erano formati da marinai salariati
impiegati anche ai remi con doppi turni, partecipavano agli assalti
e il gruppo impegnato alla voga formava una seconda ondata.
L’equipaggio beneficiava di una percentuale del bottino. Queste
unità non potevano competere con le galere erano inferiori in numero
di personale e in armamento, essendo più leggere potevano sottrarsi
alla cattura fuggendo. |
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Le FUSTE |
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Erano navi corsare
ancora più piccole, potevano aver ragione solo di una nave da
carico. |
Mentre i mercati
degli schiavi di Algeri e Tripoli erano riservati ai soli
mussulmani, quello di Tunisi era aperto anche ad alcune potenze
occidentali. Il Bei Dragut apriva i commerci a chi non era in guerra
con il Sultano purché pagassero le tasse. Il Papa aveva una
delegazione a Tunisi, con l’intento di liberare e acquistare con i
fondi disponibili le famiglie cristiane catturate e qualche povera
giovane messa all’asta. |
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“L’altezza tra il ponte della nave ed il mare viene detta bordo,
pertanto se vi trovaste su una nave dall’alto bordo vedreste , su
eventuali navi vicine più piccole ,la gente sui ponti dall’alto in
basso. Per tanto il termine Gente Di Altobordo è di origine navale” |
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LA BATTAGLIA |
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Ritornando
alle flotte Dobbiamo precisare che Gian Andrea Doria aveva dodici
galere di sua proprietà e le aveva affittate al Re di Spagna Filippo
II. Analogamente Uluc Ali aveva delle galere in proprietà che
affittava al Sultano. Gian Andrea Doria aveva raccontato di dover
rispondere a ordini segreti del Re di Spagna “osservare con
circospetto i veneziani”. Secondo molti Gian Andrea Doria cercò in
tutti i modi d’evitare di sciupare le sue navi prima invitando alla
prudenza e durante lo scontro evoluendo in manovre che altrimenti
non si spiegherebbero. Questa versione dei fatti fu sposata dal Papa
animatore della alleanza che si dice abbia minacciato Gian Andrea
Doria di morte, se fosse entrato nello stato Pontificio lo avrebbe
processato e condannato a morte. L’intento della Spagna e
dell’alleato Genovese era di partecipare all'impresa senza impegnarsi e guadagnare tempo, ormai la stagione era avanzata e la
campagna a breve si sarebbe conclusa |
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Se il consiglio di Uluc Ali fosse stato ascoltato sicuramente lo
scontro non ci sarebbe stato, la flotta occidentale non si sarebbe
introdotta nella rada di Lepanto chiusa e vigilata da due castelli
con potenti artiglierie. Don Giovanni avrebbe pendolato nel golfo e
poi si sarebbe allontanato. La stagione ormai avanzata non
consentiva di correre l’inutile rischio per tutta la flotta
d’incappare in un fortunale. Ali Pascià uomo d’armi, aveva deciso
secondo gli ordini del Sultano di accettare battaglia. |
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La domenica del
sette di ottobre, allora era in uso il calendario Giuliano, che come
gia detto, corrisponde al diciassettesimo giorno del mese nel nostro
calendario, Don Giovanni prese il mare con la flotta occidentale. |
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OCCIDENTALI |
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ORIENTALI |
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28.000 soldati |
34.000 soldati |
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43.000 rematori |
41.000 rematori |
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12960
marinai |
13.000 marinai |
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1815 cannoni |
750
cannoni |
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Le condizioni meteo
non erano troppo buone, in particolare per gli occidentali vi era
vento contrario e mare in prora, per cui si era riprodotta la stessa
situazione che avevano riscontrato le galeazze in Adriatico, infatti
queste non riuscivano ad avanzare. Per rimanere in formazione alcune
galere erano state costrette a remare all’indietro cosa che facevano
solo in manovra. Durante la notte di navigazione gli Ottomani
convinti dell’immancabile vittoria che li avrebbe resi celebri eroi
e ricchi avevano festeggiato per tutta la notte ballando e cantando
ma soprattutto stancandosi.
I marinai orientali
erano per il 70% dei Greci ortodossi provenienti dalla Grecia o
dalle antiche colonie greche dell’Anatolia. Le opposte marinerie
erano quasi entrambe cristiane si trattò di uno scontro di Cattolici
contro Ortodossi. |
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