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lanci ma solo cinque siluri raggiungono le corazzate.
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Due aerei abbattuti |
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In
totale, nelle due ondate, erano stati fatti 11 lanci
e solo cinque ordigni erano andati a segno: tre contro
la Littorio (una falla di 15x10 m. sulla fiancata di
dritta, nel compartimento in corrispondenza della Torre
n° 1 da 152 mm.); un’altra di 7x15 m. a sinistra,
nei pressi del locale << agghiaccio timone >>;
una terza di 12x9 nella carena, sempre sulla fiancata
di dritta a proravia della prima: una bugna nella fiancata
di dritta, prodotta dal siluro inesploso e ritrovato
conficcato nel fango sotto lo scafo); uno contro la
Duilio (uno squarcio di 11x7 m. nella fiancata di dritta,
tra i depositi di munizioni n. 1 e n. 2 che si allagarono)
e uno contro la Cavour (una falla di 12x8 m. sulla fiancata
sinistra che, come conseguenza, provocò l’allagamento
dei depositi di nafta n. 1 e n. 2, oltre ai locali adiacenti). |
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La Littorio
colpita da tre siluri. Per evitare
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La
corazzata Cavour dopo l'attacco con l'acqua
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l'affondamento viene portata a incagliare
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all'altezza
del ponte superiore |
sul
basso fondale |
Furono abbattuti due aerei: il primo dell’815°
Gruppo avente la sigla L4Acon a bordo, come già
detto, il Cap. di Corv. Williamson e il Ten. di Vasc.
Scarlett, catturati prigionieri; l’altro appartenente
all’813° Gruppo e contraddistinto con la sigla
E4H, pilotato dal Ten. di Vasc. G. W. Bayley e avente
come osservatore il Te, di Vasc. H. J. Slaughter, dati
per dispersi.
Le perdite umane italiane furono sulla Littorio, 23
uomini; sulla Cavour, sedici e, sulla Duilio, uno. |
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La contraerea aveva sparato in un’ora di fuoco: 8.588
colpi di cannone, dei quali il 17% era stato esploso da
bocche da 1°2 mm., il 3,5% da 100 mm.e il 79,5 da 76
mm.; 4901 colpi fra mitragliatrici da 40,20 e 8 mm.. In
totale erano stati esplosi 143 colpi di cannone e 82 di
mitragliera al minuto. In questo calcolo non
è compreso il consumo di munizioni da parte delle
navi, limitato esclusivamente alle mitragliere, che
era stato intenso.
I due aerei abbattuti ( uno in ciascuna ondata ) dimostrarono
che il tiro contraereo fu insufficiente e, quantomeno,
inadeguato per il tipo di attacco, se è pur vero
che il fuoco di sbarramento consentì agli “
Swordfish “, aerei lenti, di trovare il varco
e di mettersi in posizione di lancio a brevissima distanza
dai bersagli. Altre due riflessioni: i danni subiti
dalle navi furono ingenti e si deve alla perizia dei
comandanti e degli equipaggi se non affondarono, perché
riuscirono a portarle sui fondali bassi, dai quali, poi,
le tireranno su i tecnici e le maestranze dell’Arsenale
M.M. che, ancora una volta, si rivelarono all’altezza
dei compiti. |
Riparate
provvisoriamente le falle e con l'aiuto di grossi |
cilindri
di bilanciamento, la Littorio torna a galleggiare e
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quindi
rimorchiata attraversa il Canale navigabile |
Anche se quelle fossero state circondate da reti da 10
m., ogni protezione sarebbe risultata vana perché << i
regolatori di profondità dei siluri erano stati graduati
a m. 10,60 >>, come risulta dagli ordini di operazione.
Un’alba triste, quindi, quella del giorno 12per i
trentini che si affacciarono dal lungomare sulla rada di
Mar Grande. Alla loro vista apparve uno spettacolo
desolante: predelle “ loro “ navi più belle e più care
giacevano ferite gravemente in un mare la cui superficie
era coperto da uno strato spesso oleoso: dalle arterie
squarciate fluiva la linfa.
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La
corazzata Andrea Doria non colpita |
La
corazzata Vittorio Veneto non colpita |
Circondate da mezzi di salvataggio,
gli equipaggi tentavano disperatamente di salvarle.
Al fianco della Littorio, un sommergibile la riforniva
d’energia elettrica mentre una cisterna sottobordo,
a sinistra, ne imbarcava la nafta per controbilanciare
l’allagamento. La Cavour, interamente invasa dalle
acque e poggiata sul fondo, mostrava solo le sue sovrastrutture,
mentre la Duilio era incagliata a poche centinaia di
metri dalla riva. |
Volti angosciati, lacrime di dispetto, stupore per il
colpo inferto ma anche un alto senso di responsabilità
civile che vide la mobilitazione di tutte le risorse
umane e tecniche dall’Arsenale. Rimorchiatori
e squadre di soccorso andavano e venivano dalle navi,
bisognose di assistenza.
Alcuni operai del bacino galleggiante avevano fornito
i primi soccorsi al Cap. di Corv. Williamson e al Ten.
di Vasc. Scarlett che furono, poi, trasportati sul ct.
Fulmine dove ricevettero << tutte le cure prima
di essere sbarcati >>. Altri ritrovarono il corpo
del Ten.di Vasc. Bayley che sarà seppellito con
gli onori militari nel cimitero tArentino, dal quale verrà,
poi, traslato in quello dell’Imperial War Graves
Commission di Bari. |
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Gli
inglesi pensarono di riprovarci ma…
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Il
pericolo di un ulteriore tentativo di ripetere l’attacco
la sera del 12 novembre indusse l’alto comando
navale a disporre la immediata partenza delle navi rimaste
incolumi. E così, nel pomeriggio, le corazzate
Vittorio Veneto, Cesare e Doria, con una divisione di
incrociatori della 2^ Squadra navale, prese il mare
alla volta di Napoli mentre il Gruppo degli incrociatori
pesanti fu dirottato a Messina. E in vero, a bordo della
Illustrious fervono i preparativi per ripetere l’attacco.
<< La nuova azione era stata approvata dal comandante
in capo, dopo aver ricevuto un messaggio di Lyster,
nel quale egli raccomandava di attaccare prima che il
nemico avesse avuto il tempo di fortificare le difese
>>.
Cunningham, comunque, verso le 16.00 cominciò
a dubitare << se aveva ildiritto di richiedere
tale ulteriore sforzo agli aviatori della portaerei
>>, tantoppiù che uno dei piloti lamentò:
<< dopo tutto avevano chiesta alla Light Brigade
di farlo soltanto una volta >>. La decisione fu
rimessa a Lyster ma una sfavorevole previsione del tempo
delle ore 18, che annunciava un sensibile peggioramento
nella zona, fece desistere lo stesso Cunningham dal
ripetere l’operazione e lo indusse a riprendere
la rotta per Alessandria, dove giunse il 14 novembre.
Qui si ferma la nostra ricostruzione storica su “
La notte di Taranto “, degli eventi che la precedettero
e seguirono. Nella elaborazione dei fatti abbiamo rinunciato
alle tradizionali fonti narrative, preferendo leggere
quei documenti riservati e quei rapporti di comandanti
protagonisti degli stessi che, inquadrati cronologicamente,
ci hanno consentito di verificare non solo testimonianze
sospette ma anche diverse. Sicché, ci sembra
che lo sforzo compiuto per cogliere i fatti de “
La notte di Taranto “, rispecchi, al di là
delle conclusioni derivabili dalla loro interpretazione,
chiaramente il bisogno, ancora oggi esistente nelle
coscienze, di sapere non perché alcuni uomini
agirono come agirono. Tuttavia, come insegna Marc Bloch,
la conoscenza del passato è una cosa in fieri,
che si trasforma e si perfeziona incessantemente.
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In questa
foto scattata da un Glenn Martin della 431 |
Fligt il 12
novembre, le navi ancorate nel Mar Piccolo
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mantenevano
ancora le posizioni del giorno
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precedente,
ad eccezione dell'incrociatore Trento (n.3) |
che, dopo
essere stato colpito da una bomba , aveva |
lasciato
l'attracco alla banchina. Si ritiene che le
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chiazze
attorno agli incrociatori Bolzano (n:.4) e Trento
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(n.5)
indichino che le due navi stessero manovrando. |
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E noi vogliamo prendere lo spunto dalla << comprensibile
esagerazione >> di Churchill che nel dare la notizia
alla Camera dei Comuni del fatto d’arme, aggiunse:
<< Il risultato influenza decisamente l’equilibrio
del potere marittimo nel mediterraneo e contiene in
sé i presupposti per future azioni sulla situazione
navale in ogni parte del mondo>>.
Il << buon Winni >> era, in realtà
un tantino portato a gonfiare i fatti giacché,
se è pur vero che tre delle sei navi da battaglia
italiane erano state poste fuori combattimento, nessuna
di esse era danneggiata in modo da non poter essere
riparata. La Littorio, infatti, tornò operativa
alla fine di marzo 1941 e la Duilio a metà maggio
1941, mentre solo la Cavour richiederà tempi
più lunghi |
(settembre del 1943). In altre parole,
l’unico risultato veramente positivo de “ La notte di Taranto “, per Cunningham, fu la ridislocazione
della flotta nel Tirreno e, quindi, la possibilità
di non essere contrastato nei movimenti tra i due bacini
del Mediterraneo, non potendo quella contare sul suo
<< ombrello aereo >>. << Ciò
riduceva, anche se non l’aboliva completamente
– egli ha scritto, a tal proposito -, la minaccia
della flotta nemica contro la nostra interminabile successione
di convogli per la Grecia e per Creta, e ci permise di
ridurre la forza delle nostre navi da battaglia nel
Mediterraneo orientale. Ne venne,
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Settembre
1942 - La Littorio ha da poco terminato i
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lavori di
riparazione dei danni subiti nel corso
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dell'operazione "Mezzo Giugno" ormeggiata nella rada |
di Mar
Piccolo protetta dalle reti parasiluri |
come
conseguenza, un certo sollievo ai nostri affaticati cc.tt. poiché
ne occorreva un numero minore per proteggere dai sommergibili
una flotta di minori proporzioni >>. |
Non appena giunsero in Sicilia le prime unità
del Fliegerkorps X e 330 aerei, tra “ Junkers
87 B “, “ Messerschmitt 109 “, " Dornier
18 “ e “ Arado 196 “, furono schierati
sugli aeroporti di Catania, Comiso, Trapani, Palermo
e Reggio Calabria, cominciarono, infatti, i guai. Cioè
le navi da battaglia intanto potevano esercitare la
loro potenza in quanto avevano una copertura aerea,
senza della quale anche una flotta superiore per bocche
di cannoni poteva essere impegnata solo nel tradizionale
concetto di Alfred T.Mahan, ossia di << flotta
in potenza <<. E forse neppure, dati i risultati
dell’attacco a Taranto. |
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Golfo della Sirte, dicembre 1941 - La Divisione navi da
battaglia Littorio e Vittorio Veneto apre il fuoco
|
contro gli
incrociatori inglesi alla distanza di 29.000 metri. |
In questa logica della “ Fleet in being “,
la quale paralizza, nel Mediterraneo come altrove, l’azione
delle forze navali inglesi, si inquadra, altresì,
il disegno di War Cabinet di sfruttare, secondo l’antica
strategia del cinese Sun Tsu, la linea psicologica per
indebolire il morale degli italiani, affidando alla
London Controllino Section o << fabbrica degli
inganni >> anche “ La notte di Taranto “. |
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