Ha
inizio l’operazione “ Judgment “
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Dopo
aver accostato verso levante, a mezzogiorno del giorno
11, la Mediterranean Fleet era ritornata in una posizione
a metà strada tra Malta e Creta. Quindi cambiò
rotta mettendo la prua verso Nord-Est: aveva inizio
l’operazione “ Judgment”. Dal grosso
si è staccata, alle ore 12, la “ Forza
X “, composta dagli incrociatori Sidney, Aiax,
Orion, sul quale alza la propria insegna l’Amm.
Pridham Wippel. E’ scortata dai cc.tt. Nubian
e Mohawk, obbiettivo l’intercettazione, nel canale
d’Otranto, di un convoglio italiano di quattro
navi che naviga sulla rotta Bari-Brindisi-Otranto-Valona.
E, alle ore 18, così come previsto dal paino
d’operazione, anche la Illustrious, scortata dagli
incrociatori Gloucester, Berwick, Glasgow e York, lascia
la formazione che, con un’inversione di rotta,
punta su Alessandria. Quella, invece, mette la prua
sul punto X per 270° a 40 miglia da punta Kabbo
(Cefalonia), dove dovrà giungere alle 20.00.
Quest’ora - si legge nei piani operativi - <<
è stata scelta per ridurre al minimo il rischio
d’attacchi di forze di superficie >>, che
veniva considerato maggiore di quello della intercettazione
della ricognizione aerea, la quale, come abbiamo visto,
non riuscì quasi mai ad avvicinarsi alla flotta
<< perché ostacolata dai vigilanti caccia
della Fleet Air Arm>>.
Il comandante in capo delle FF.NN. italiane, Amm. Inigo
Campioni, era, insomma, privo di notizie sui movimenti
del nemico, mentre, su ordine di Supermarina, teneva
le Squadre navali pronte a muovere in tre ore. Avrebbe
potuto affrontare, disponendo di sei corazzate e, quindi,
di una schiacciante superiorità, la Forza H a
sud della Sardegna, raggiungibile, dirigendo per lo
stretto di Messina, << nello spazio di circa 27
ore a velocità di 20 nodi>>. Non poteva,
però, contrastare la Mediterranean Fleet, anche
se a conoscenza della sua rotta. Quest’ultima,
infatti, disponeva di cinque navi da battaglia tutte
armate con cannoni da 381 mm., a differenza del maggior
numero delle corazzate italiane (Cavour, Cesare, Doria
e Duilio), il cui armamento era costituito da cannoni
da 320/44. Inoltre, Cunningham aveva una portaerei mentre
la Marina italiana non annoverava, tra le sue forze,
unità del genere.
<< Anziché tentare l’impiego manovrato
delle forze navali di superficie>>, Supermarina
aveva affidato, il giorno 9, il contrasto alla Forza
H ai sommergibili e agli aerei, persistendo <<nel
mantenere le forze navali concentrate a Taranto >>.
Non prese alcuna decisione per quanto si riferiva alla
Mediterranean Fleet, non avendo, peraltro, sufficienti
informazioni. Ritenne che Cunningham, dopo aver rifornito
Malta, stesse rientrando ad Alessandria.
Gli stessi rapporti inviati da Pantelleria e da Linosa,
a proposito del transito nel Canale di Sicilia della
Barham e degli incrociatori Barwick e Glasgow del mattino
del 10, ingenerarono, infatti, una certa sorpresa. La
notizia che << un imprecisato numero e tipo di
navi satva procedendo da Malta verso levante >>
non poteva, poi, non confermare le precedenti supposizioni.
Oggi sappiamo dalla documentazione del Navy Records
che si trattava del convoglio “ ME 3” il
quale, scortato dalla Ramillies, dal Coventry e da due cc.tt., aveva lasciato Malta alle ore 13.30 di quello
stesso 10 novembre.
La portata dell’operazione “ MB 8 ”
e la quantità delle forze impegnate riuscirono,
senza dubbio, a disorientare lo S.M. della Marina Italiana
che, pur avendo allertato le Squadre navali, non poté
disporne, concludendo, l’impiego, in quanto <<
i risultati della ricognizione aerea furono negativi
>>. E sappiamo, altresì, che l’unica
possibilità di successo per l’attacco alla
flotta in porto era, appunto, l’evitarne l’uscita
in mare. Donde l’attenta vigilanza aerea per impedire
ai ricognitori di segnalare che la Mediterranean Fleet
dalle ore 12 dell’11 aveva messo la prua verso
Nord-Est.
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Attaccco
aereo 11 - 12 novembre 1940 - Ormeggi in Mar Piccolo |
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Non
ci possiamo più chiedere come una portaerei britannica
abbia potuto, senza essere intercettata dalla ricognizione
aerea, avvicinandosi ad una distanza utile per sferrare
l’attacco contro Taranto perché troveremo
sempre la stessa risposta: ogni qualvolta i velivoli
italiani apparvero nel cielo della flotta di Cunningham,
furono abbattuti o messi in fuga dalla superiorità
dei caccia della Illustrious. E suonerà, altresì,
amara la certezza di M. A. Bragadin, secondo il quale
<< a Supermarina si dava per scontato che, se le
forze britanniche fossero arrivate dentro un raggio
d’operazione di 180 miglia, quelle italiane sarebbero
uscite a dar battaglia agli inglesi e a impedire loro
di lanciare un attacco aereo sul porto >>.
Il dato innegabile è che il predominio inglese
dell’aria non fu solo << un fattore di capitale
importanza per la riuscita di tutta l’operazione
>> ma anche la testimonianza di quella inadeguatezza
dei mezzi impegnati nella ricognizione aerea marittima,
denunciata, prima dell’inizio delle ostilità,
dall’allora Capo di S.M. e Sottosegretario di
Stato per la Marina, Amm. Domenico Cavagnari, che, peraltro,
si era anche pronunciato su una certa difficoltà di
dover confidare sulla cooperazione delle forze aeree.
Non si tratta di un giudizio postumo ma di lungimiranza
e, soprattutto, di giuste valutazioni sulla potenzialità
offensiva dei mezzi aerei, sulla loro capacità
di sfruttare la vulnerabilità delle navi, attaccandole
con siluro perché, secondo quanto detto da un
ammiraglio americano, è molto più efficace
<< fare entrare l’acqua dal di sotto che
l’aria dal di sopra >>. E per raggiungere
questa possibilità, per dirla con Cunningham,
uno dei requisiti più importanti di “ Judgment
“ era << di potersi avvicinare inosservati
alla posizione di involo >> dei famosi “
Swordfish “. Così come, d’altro canto,
accadde.
Alle ore 20.00, la n.p.a. Illustrious, dopo aver raggiunto
il punto X, mette, infatti, la prua al vento e aumenta
la velocità a 28 nodi. Quindi lancia i primi
dodici aerei, dei quali sei, come già detto,
sono armati di siluro e gli altri con bombe a bengala.
Secondo il piano di volo, essi dovranno coprire la distanza
dall’obbiettivo, circa 200 miglia, volando ad
una velocità di 75 nodi e ad un’altezza
di 2.200 metri, in non più di tre ore, in modo
da essere nel cielo di Taranto non oltre le 23, quando,
cioè, la luna, che sorgeva alle 15.43, si sarebbe
trovata su un azimut di 197° ad un’altezza
di 52°. Guida l’815° Gruppo ( e diviso
in quattro sezioni di tre aerei ciascuno in formazione
a V) il Cap. di Corv. Nicole W. Williamson, che ha come
osservatore il Ten. di Vasc. Norman Scarlett.
Vediamo, intanto, cosa accade a Taranto dove, all ore
19.55, una stazione aerofonica di ascolto ha ascoltato,
in una zona a sud del porto, il rumore di velivoli.
Dieci minuti dopo, altre stazioni confermano analogo
ascolto. Il comandante della piazza ordina di suonare
l’allarme e, mentre la popolazione corre ai rifugi
antiaerei, le batterie passano dalla fase di allerta
a quella di allarme. Poco dopo i posti di ascolto annunciano
che il rumore dei motori è scomparso e viene,
quindi, suonato il cessato allarme. Ma è di breve
durata : a distanza di 45 minuti, un nuovo allarme e,
ancora una volta, ritorno alla normalità.
Oggi sappiamo che l’intruso c’era stato
ed era un “ Sunderland “ del 228° Gruppo
del Comando del Medio Oriente, il quale stava <<
eseguendo la sua importante missione di pattugliamento
del golfo e di sorveglianza dei movimenti della flotta
>>. |
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Nonostante il violento fuoco di sbarramento, |
venti “ Swordfish
“ arrivano sull’obbiettivo.
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Alle
22.25 suona il terzo allarme: rumore di aerei in avvicinamento
da Sud-Est, sempre crescenti. Le batterie della zona
di San Vito si mettono << a vomitare fiamme mentre
traccianti rossi e arancioni solcano il cielo >>
nel versante Sud-Est è cominciata quella che
passerà alla storia come “ La notte di
Taranto “. Ed è questo cielo illuminato
da un violento fuoco di sbarramento contro gli aerei
invisibili che vede, alle 22.50, il Com.te Williamson.
<< Il tempo è bello e chiaro, con una leggera
brezza di superficie ma, all’altezza di 2.400
m., soffia un vento da ponente di 10 nodi. Il cielo
è coperto da sottili nubi per otto decimi e la
luna è a tre quarti su un azimut di 190°
>>. Alle 23 i << bengalieri >> sorvolano
Capo S. Vito e, a intervalli di mezzo miglio l’uno
dall’altro, cominciano a gettare gli <<
artifizi illuminanti >> sulla costa orientale
del golfo, mentre Williamson e i suoi sezionari –
L4R ed L4C – volano verso il centro del Mar Grande
picchiando a bassa quota, dentro l’inferno di
ferro e fuoco vomitato dalle batterie e dalle mitragliere. |
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Scendendo rapidamente di quota, il primo si trovò
davanti la Cavour, contro la quale sganciò il
siluro. Poi accostò sulla dritta ma fu raggiunto
da una granata e abbattuto. Il siluro colpì la
corazzata ed esplose sotto la chiglia fra plancia e
la Torre n° 2.
Gli altri due “ Swordfish “, non potendo
attaccare la Vittorio Veneto, in quanto spostati troppo
a sud, sganciarono anch’essi a 650 m. i propri
ordigni contro la Cavour ma nessuno raggiunse l’obbiettivo.
Quindi, virarono rapidamente e fanno rotta verso la
portaerei.
La seconda sezione ( L4K, L4M, ed E4F), comandata dal
Ten. di Vasc. N. McI. Kemp, passa a nord dell’isola
di San Pietro ad un’altezza di 1.200 m. e, sfuggendo
al fuoco, punta contro le sagome delle corazzate che
si staccano chiaramente davanti alla luce dei bengala. |
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L' attacco
degli " Swordfish" |
Kemp
scende quasi a pelo d’acqua e, puntando l’aereo
sulla Littorio, a 900 m., libera il siluro che raggiunge
la nave sulla fiancata di dritta. E così il suo
sezionarlo L4M che, dopo una virata a nord dell’isola
di S. Pietro, a 300 m. di altezza si porta verso l’estremità
settentrionale della diga e, volando a bassa quota,
lancia il siluro a circa 365 m. dalla Littorio, colpendola
sulla fiancata di sinistra. L’ultimo degli aerei
(E4F), zigzagando per evitare il fuoco antiaereo, punta
anch’esso sulla Littorio, ma il suo siluro manca
il bersaglio ed esplode alle 23.15 sul fondo del mare,
vicino alla fiancata di dritta. |
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I bombardieri,
dal loro canto, portano a termine l’azione
ormeggiate in Mar Piccolo ma senza alcun grave
danno, eccezion fatta per un angar della base idrovolanti.
L’attacco è durato 35 minuti ma un altro
se ne annunzia. Alle 21.20, l’Illoustrious ha,
infatti, rimesso la prua al vento e lanciato la seconda
ondata, guidata dal Cap. di Corv. J. W. Hale, comandante
dell’819° Gruppo. Invece di nove aerei ne
sono partiti otto, che giungono su Taranto alle 23.50
Solita manovra dei “bengalesi “ e successivo attacco
degli aerosiluranti, che si conclude con due nuovi
siluri contro la Littorio, uno contro la Veneto, uno
contro la Duilio e un altro contro l’incrociatore
Gorizia.
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